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Noise In Myself - Answer...

20/11/2023

Tornano i Noise In Myself, dopo il debut omonimo pubblicato lo scorso anno.

L’EP in questione conferma le innegabili qualità della band. La giovanissima età traspare, respira, pervade ogni nota. La voglia di sperimentare, una buona dose di incoscienza, la freschezza e l’imprevedibilità del lavoro la fanno da padroni.

L’EP è composto da due brani strumentali, da due pezzi già usciti come singoli, e dalla riproposizione di Interstellar (ripescata dal primo album), qui interpretata dalla voce di Diane Lee (Lost Journey).

La proposta mantiene l’eleganza e la misura dell’album di debutto. I brani si muovono in perfetto equilibrio tra ritmiche dal sapore thrash, con spunti evidenti di scuola Voivod, e una propensione verso sonorità prog e d’atmosfera. Il risultato, oltre ad essere originalissimo e, per questo, capace di testimoniare l’evidente personalità della band, dona all’ascoltatore stimoli continui, nei quali lasciarsi cullare come sospesi nello spazio, non a caso concept dell’EP stesso.

Come ebbi già modo di sottolineare parlando del primo album il tocco di classe, l’elemento capace di abbracciare la proposta rendendola unica e contornata da un’aura particolarissima, è la voce di Martina.

Una voce sempre equilibrata, che pur mantenendosi entro range tonali ben definiti, è in grado di muoversi tra sfumature veramente affascinanti. Anzi, probabilmente è proprio il non cedere alla tentazione di dimostrazioni fini a se stesse dell’estensione vocale (che non dubito abbia) a garantire l’eleganza di fondo che, ripeto, caratterizza in modo specifico i Noise in Myself.

Noto con piacere anche un netto miglioramento nel riffing, che si è fatto più sicuro e complesso.

In conclusione: una band fresca, originale, motivata, coinvolgente. Le premesse per “sfondare” ci sono tutte.

Un piccolo consiglio, che non intacca in nessun modo la bontà del prodotto: ho a volte la sensazione che viaggino un po’ con il freno a mano tirato. Se da un lato, infatti, la misura è segno di intelligenza e saggezza compositiva, riuscire ad integrarla con un po’ di istintività, lasciando andare un po’ le briglie, potrebbe ulteriormente arricchire il sound. Ma, ripeto, sono solo piccole sfumature che, sicuramente, i Noise potranno cogliere (se lo riterranno opportuno) in futuro, dati gli enormi margini di miglioramento che una band del genere, per la giovane età e per la sua qualità, non può non avere.

Andate avanti così ragazzi.

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NODE - Cowards Empire

14/08/2023

I Node non fanno death, non fanno thrash, non fanno deathcore o thrashcore. I Node fanno i Node. I Node fanno musica fottutamente estrema. Punto.

E questa non e' proprio una cosa da tutti.

Fare la musica che ti senti scorrere nelle vene, fottendotene altamente delle etichette (e farla bene), ti consente di scoprire la tua anima. E quando l'hai trovata non la molli più.

Adoro tutti gli album dei Node, ma Cowards Empire ce l'ho nel cuore. E al cuore non si comanda .

Intensità allo stato puro.

Uno delle caratteristiche che mi colpisce di più di questo lavoro e' la riconoscibilità dei riffs: sembra che abbiano appiccicato addosso il marchio "Node Original".

Gary e Rudy alzano un muro sonoro allucinante, supportati da una base ritmica, quella di Pietro Battanta alla batteria e Davide De Robertis al basso, che scava i solchi per terra.

E, dulcis in fundo, la magnifica prova di CN Sid , che nei suoi continui passaggi dallo scream al growl dona al tutto un'aggressività ed una cadenza entusiasmante.

Non c'è un attimo di respiro. Bisogna attendere la splendida e toccante "The plot survive" per riprendere un attimo fiato.

Un album mastodontico.

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THIS BROKEN MACHINE – Departures

20/07/2023

Allora, lo so che siete tutti metallari brutti e cattivi. Ma oggi voglio raccontarvi una bella storia d'amore. A lieto fine, peraltro.

Ho incontrato quest'album tre giorni fa. Lo metto in cuffia e si presenta. Ebbene, sono rimasto abbastanza freddo. Devo confessarvi uno dei miei tantissimi limiti: sopporto poco il metalcore e, ancora di meno, il nu metal. E, presentandosi, Departures si esprimeva nell'uno e nell'altro modo.

Quindi arrivo alla fine, tolgo le cuffie e metto via il pensiero. Le cose che non mi ispirano non riesco a proporle, apparirei falso, e proprio non mi va.

Però qualcosa mi era rimasto dentro. Ed era qualcosa di cui non riuscivo a liberarmi.

Così il giorno dopo ci torno, ricomincio da capo. Oh...voi non ci crederete, scatta la scintilla. Si vede che le mie orecchie dovevano andare oltre l'impressione iniziale, e andate oltre inizio ad accorgermi della bellissima poesia di alcuni suoi momenti, quelli più oscuri. Quelli alla TOOL, tanto per intenderci.

Ad un certo punto alzo il sopracciglio e sussurro, tra me e me, "porca di quella troia, come ho fatto a non coglierle subito"?

E allora oggi incontro nuovamente Departures...e, ragazzi miei, mi innamoro. E me lo ascolto per ben tre volte consecutive (tornando alla metafora della storia d'amore: scopiamo, in sostanza).

Bello, bello bello.

Un album di un'intelligenza, un groove ed un'intensità rare.

Come ho già detto: metalcore, groove, un pizzico di nu metal, e rimandi alla Tool.

Fatevi prendere anche voi, e' un consiglio che vi do con il cuore, non ve ne pentirete.

P.s. un plauso particolare alla voce. Magnifica.


-Gambetti Maurizio-

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ARGESH – Excommunica

15/07/2023

Anno di Pubblicazione: 2021

Ep d'esordio per i Varesini ARGESH.

Che dire, una bella legnata.

Un bel black furioso e solenne. La fiamma nera si eleva alta tra cinque pezzi che riescono a coniugare alla perfezione un aspetto quasi epico alla visceralità del black scandinavo, attingendo da mostri sacri come Necrophobic e primi Dimmu Borgir.

Molto bella la produzione secondo me, grezza al punto giusto, capace di conferire il giusto accento all'aggressività e alla devastazione a cui i nostri sottopongono il nostro apparato uditivo.

A parer mio c'e' un potenziale enorme.

Un unico consiglio: io proverei per il futuro a sostituire la drum machine con un batterista in carne ed ossa. Sarebbe la classica ciliegina sulla torta.

Un gran bel lavoro, in ogni caso.


- Gambetti Maurizio -

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REJEKTS - Adamo A.D. 2021

28/06/2023

"L'unico modo per non sentire dolore è non desiderare che il dolore cessi

Annulla te stesso, smetti di desiderare, perditi e unisciti al tutto

L'unica scelta dunque è che non ho scelta? diventare tutto, diventando niente... E allora sia il dolore!

Sia un'altra vita! Sia un altro racconto! Purché sia io a scriverlo

Non vuoi dunque I'Illuminazione!?

NO! Voglio essere ciò che sono, il tutto non mi interessa, sia mia la narrazione!

Non cerco perfezione! Voglio solo superare me stesso, coi miei limiti ed imperfezioni!

Allora sei perduto!

No! Sarò il narratore!"

C'e' una nube maligna che si aggira minacciosa sul nostro bel paese. Una nube nera, carica d'odio, scevra da ogni forma di compromesso.

Claustrofobia, rabbia, disperazione, tinte nel punk, crust, black, postcore e grind.

I padrini sono, ovviamente, i Cripple Bastards, accompagnati, tanto per fare un nome, dagli Hate&Merda e, appunto, dai Rejekts, giunti con ADAMO al loro terzo lavoro, dopo il precedente EP “Triratna” (2016) e l'album d’esordio “UNO-” (2013).

Registrato presso i Toxic Basement Studio (cari, come ben sapete, ai citati Cripple Bastards), ADAMO si presenta come una valanga scurissima. La proposta, pur perfettamente incanalata nei stilemi sopra descritti, offre una notevole eterogeneità, capace di offrire un riuscitissimo amalgama di sensazioni, tonalità' terrifiche come una scure insanguinata e suoni che, come un pendolo, oscillano tra profonde oscurità e blastbeats che aggrediscono come mastini rabbiosi.

Mea maxima culpa per aver scoperto ADAMO con imperdonabile ritardo (e' uscito nel dicembre 2021). Ma, insomma, meglio tardi che mai.

Un lavoro enorme, carico di un'intensità rara. Viscerale come pochi, intelligente, con testi che indagano l'esistenza con una lucidità strabiliante.

Inutile dire che mi sono praticamente innamorato.


- Gambetti Maurizio -

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N.E.S. - The Never Ending Struggle

21/06/2023

Durante l'ascolto del debut dei N.E.S. mi sono ritrovato piu' volte, nella mia immaginazione, sotto un palco, completamente pervaso da quell'energia tutta particolare che solo una bella serata.

di musica underground può darti.

E mi sono chiesto perché.

Boh, non e' facile rispondere, ma credo che un elemento possa dirsi determinante: la sincerità' e la rabbia.

Qui non si fanno calcoli particolari, ne' si rincorrono generi specifici: HC, groove, thrash... solo strumenti per sputarti in faccia una sanissima e viscerale esasperazione.

Gran bella prova quella dei NES.

I pezzi si mantengono sempre su strutture molto solide, con riff monolitici, trascinanti, su una base ritmica possente e piena ed una voce, quella di Paul Hellkat che rappresenta, a mio modesto parere, il punto di forza dell'album, per la sua capacità di caratterizzare il tutto nei suoi continui passaggi dal growl allo screaming.

Mi e' risuonata spesso nelle orecchie quella particolare rabbia ed intensità che riescono a trasmettermi, ad esempio, i NODE.

Magnifici gli accenti dal sapore PANTERIANO, come nella splendida Slave for Freedom.

Compimenti ragazzi, e se il buon giorno si vede dal mattino... 


-Gambetti Maurizio-

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WINTERNIUS - OPEN THE PORTAL

21/06/2023

Anno di Pubblicazione: 2020

Continuo a chiedermi che cosa abbia la Liguria per partorire cose cosi' oscure e maligne.

Non lo so, sarà la minaccia del mare davanti e il mistero delle montagne dietro, boh...un giorno forse ci arriverò.

I Winternius, nascono nel 2016, per opera dell’attuale chitarrista Roby Grinder che, insieme al batterista Jaco Eligor (ex chitarrista nei Sacradis), danno via al progetto che definisce la line up nel 2019, a cui si aggiunge la voce di Jason Ulfe, che anche lui abbiamo già visto, in veste di chitarrista, nei Sacradis, (dove troviamo Grinder al basso), Alex Trivex alla chitarra, ed infine John Killer Bob al basso (ex Cadaveria, ex Necrodeath).

Questo e' un album imponente ed importante.

Importante perché e' un album studiato nei minimi particolari, con grandissima attenzione ai suoni e alla struttura dei pezzi.

I Winternius si muovono sul terreno del black metal, ma sono talmente tante le sfumature che caratterizzano "Open the portal" che si rischia, utilizzando l'etichetta black, di perdere interamente la natura del lavoro.

Ci sono momenti in cui si respira la visceralità del black norvegese più ortodosso (grazie anche alla voce, che nel suo venefico declamare ricorda molto Attila) ma nei pezzi si inserisce sovente il thrash (come in Birds of destruction), nonché atmosfere incentrate su malefici midtempos (ascoltatevi Dead and Evil).

Open the portal richiede più ascolti per essere apprezzato in pieno, tanto articolata e' la proposta, ma non mancherà di soddisfare i palati più fini. Su questo non ci sono dubbi.


-Gambetti Maurizio-

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HELL IN THE CLUB - Hell of fame

14/06/2023

Anno di pubblicazione: 2018

Quand'ero adolescente ero fierissimo di essere un thrasher dalla testa ai piedi. Quindi scarpe da ginnastica alte, jeans strappati e chiodo.

Ma, ve lo devo confessare, di nascosto mi ascoltavo pure i Motley, i Poison, i Cinderella e compagnia cantante.

Beh, gli Hell in the club fanno un hard rock glam che e' la fine del mondo.

Stupisce anzitutto la maturità della band.

Quando una proposta e' una proposta seria lo si sente subito. La professionalità si respira a pelle. A partire dalla produzione: di una potenza ed una pulizia rare.

Per il resto, come detto, gli Hell in the Club si muovono su un terreno che, di certo, non ha bisogno di presentazioni: un hard rock ortodosso a stelle e strisce di una potenza e una verve allucinanti.

La band e' compatta come un pugno: c'è un affiatamento evidente e vanno dritti al punto senza tanti fronzoli.

La preparazione tecnica salta all'occhio, con le chitarre che sfornano riff ed assoli al fulmicotone, una voce perfetta alla Vince Neil e la base ritmica che non molla per un secondo.

Dio mio che disco ragazzi miei...


-Gambetti Maurizio-

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WFR NIGHT - 05/11/2023 - Nero di Marte / Juggernaut / Benthos / Void Prophet / Rise Above Dead

18/09/2023

Sarà la band post/avant-garde metal NERO DI MARTE la protagonista della prossima WFR NIGHT che si terrà domenica 5 novembre allo Slaughter Club.

Attivi dal 2009, la loro discografia si compone di quattro album e tre EP (di cui un album e due EP pubblicati con il vecchio nome Murder Therapy). L'ultimo disco, “Immoto”, è uscito nel 2020 per Season of Mist. Negli anni hanno suonato con Godflesh, Cynic, Gorguts, Origin, Red Fang, Decapitated, The Ocean, Intronaut, Ulcerate.

Per ascoltare la title track dell'ultimo album “Immoto” clicca qui.

 

In apertura i Juggernaut, band romana cinematic post metal già in tour con loro nel 2019. Ascolta qui Ballo Excelsior

 

A precederli sul palco, ulteriori 3 band:

 


 

 

Link evento FB: https://facebook.com/events/s/wfr-night-nero-di-marte-jugger/832794828394074/

 

Link prevendite: https://bit.ly/3LsgX3I

 

 

DOVE: Slaughter Club - Via Tagliabue 4, Paderno Dugnano (MI)

INGRESSO CON TESSERA ACSI

Possibilità di cenare al locale
Ampio parcheggio FREE

 

Per maggiori info: pagina Facebook Slaughter Club

 

L'evento è organizzato da WFR - Supports The Underground in collaborazione con Orion Agency e K2 Music Management.

 


Ampio parcheggio FREE

 

Per maggiori info: pagina Facebook Slaughter Club

 

L'evento è organizzato da WFR - Supports The Underground in collaborazione con Orion Agency e K2 Music Management.

 

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Live Report: Vader + Vomitory + Guests at Revolver Club (San Donà di Piave) - 14/10/2023

17/10/2023

Per quanto riguarda il circuito della musica live in Italia, l'arrivo dell'autunno coincide con la riapertura dei grandi e piccoli club sparsi per lo stivale. Non ha fatto eccezione il Revolver Club di San Donà di Piave che, con l'arrivo dei primi freddi (attualmente puramente teorici, e nella serata in esame se n'é avuto ampio riscontro), ha vissuto nella serata di sabato 24 ottobre l'atteso giorno della riapertura dopo la lunga pausa estiva.

Quale miglior modo per inaugurare la nuova stagione di concerti se non con un evento che ha visto coinvolte due fra le band death  metal più amate di sempre in Italia come gli inossidabili polacchi VADER, impegnati nella penultima data del tour celebrativo dei 40 anni di carriera, e i veterani svedesi VOMITORY, ospiti di lusso per l'occasione?

Se a questo aggiungiamo anche due support act interessanti come i francesi SKAPHOS e i greci AETHERIAN, ecco confezionato un pacchetto quantomai ricco per una serata all'insegna di un po' tutte le declinazioni del death metal europeo; un pacchetto che, visto il gran numero di auto presenti nel pur ampio parcheggio del locale (che, ricordiamo, si trova in una zona industriale con capacità pressoché illimitate, in tal senso), lascia presagire ottimi numeri per questa prima stagionale del club veneto.

Giunto in loco con un certo ritardo sulla tabella di marcia, infatti, il vostro umile scribacchino si è trovato di fronte a un Revolver già bello stipato, nonché caldissimo tanto nella risposta dei convenuti quanto dal punto di vista della temperatura interna, durante l'esibizione della seconda band in cartellone.

Persomi per motivi puramente logistici il set dei greci AETHERIAN, che i convenuti mi hanno segnalato come molto riuscito soprattutto per i fan del death metal melodico di scuola Dark Tranquillity, In Flames e Insomnium, ho fatto in tempo a godermi i francesi SKAPHOS, autori di un'ottima performance sotto ogni punto di vista, con suoni già ottimamente settati capaci di far rendere al meglio il blackened death metal dei transalpini, il cui stile figlio dei Behemoth ma screziato da lugubri interventi di black metal più classico non ha mancato di raccogliere consensi fra il folto pubblico presente.

Le ottime esibizioni dei due opener hanno preparato quindi il terreno nel migliore dei modi alle due leggendarie band che costituivano il piatto forte della serata.

Dopo un cambio palco molto veloce, è stata la volta degli svedesi VOMITORY di prendersi il proscenio.

Orfana del chitarrista Peter Östlund, sostituito alla grande in questo tour da Christian Fredriksson, la storica armata svedese si è presentata al Revolver caricata a pallettoni, come è stato evidente a tutti fin dall'opener “All Heads Are Gonna Roll”. I volumi assassini e il tiro incontenibile col quale la band ha riversato il proprio assalto su un pubblico già eccitatissimo non ha fatto altro che fomentare la platea, pronta ad accendersi fin da subito in un pogo forsennato scandito dalle bordate della batteria di Tobias Gustafsson, autentico martello pneumatico che per tutto il set ha picchiato senza pietà sulle teste degli astanti in visibilio, supportando nel migliore dei modi i feroci riff dello storico chitarrista Urban Gustaffson e il catacombale growl del bassista/cantante Erik Rundqvist.

Lo swedish death metal squisitamente old school dei Vomitory non ha fatto prigionieri, gettando in pasto a un pubblico evidentemente affamato di efferatezze assortite una tracklist che ha giocoforza privilegiato il materiale dell'ultimo album, dal quale sono state estratte, oltre all'opener, anche le ferocissime “Piece By Stinking Piece”, “Ode To The Meat Saw” e l'anthemica “Rape, Strangled, Sodomized, Dead”, già da ora un classico del repertorio dei Nostri, ma che non ha mancato di celebrare la prestigiosa storia di una delle band più leggendarie della scena svedese, ripescando dal proprio passato autentiche gemme quali “Stray Bullet Kill”, “Terrorize, Brutalize, Sodomize”, “Revelation Nausea”, “Regorge In The Morgue”, “Rebirth Of The Grotesque”, “Redemption” e la classicissima “Chaos Fury”, che ha chiuso degnamente un set assolutamente killer per foga, precisione e violenza, costantemente accompagnato dalle meritate ovazioni di un pubblico adorante, che non ha mancato di tributare un'ultima, sonora acclamazione alla prestazione di quella che attualmente è sicuramente fra le migliori, se non la migliore in assoluto, rappresentazione su palco dell'old school swedish death metal.

I convenuti, stravolti dall'intensità dell'esibizione dei Vomitory, erano però qui per festeggiare insieme alla band il 40° anniversario dei leggendari deathster polacchi VADER i quali, accolti da un autentico boato al momento del loro ingresso sul palco, con hanno esitato a riversare sul pubblico la loro proverbiale, chirurgica ferocia, esaltata da una setlist celebrativa che ha mandato in brodo di giuggiole la folta platea di astanti, lanciando un Revolver club stipato in ogni ordine di posti nella stratosfera fin dalla devastante opener “Decapitated Saints”, tratta dal mitico primo album della band, “The Ultimate Incantation”, datato 1992. La truppa polacca, come sempre guidata dal carismatico cantante/chitarrista Peter, al secolo Piotr Pawel Wiwczarek, ottimamente supportato dal secondo chitarrista Spider e dalla monolitica sezione ritmica costituita dal bassista Hal e dal nuovo entrato alla batteria, il funambolico Michal Andrzejczyk, ha dimostrato fin da subito una coesione e un tiro pazzesco, stupendamente graziata da un suono mantenutosi su livelli di eccellenza lungo l'intera serata, iniziando un excursus che l'ha vista pescare gemme da ogni episodio della sua discografia.

Particolarmente acclamate sono state autentiche pietre miliari come “Dark Age”, “Back To The Blind”, “Epitaph”, “Dark Transmission”, “Sothis”, “Carnal” e “This Is The War”, con una menzione particolare per quella “Wings” che molti considerano come l'anthem per eccellenza dei Vader, ma apprezzatissimi sono stati anche gli altri ripescaggi vecchi e nuovi sciorinati dall'implacabile corazzata polacca su un pubblico in stato di costante esaltazione. Ecco quindi che le varie “The Wrath”, “Chaos”, “Vicious Circle”, “Silent Empire”, “Cold Demons”, “Helleluyah”, “Never Say My Name” e “Come And See My Sacrifice” sono stati via via accolti da autentiche esplosioni di entusiasmo, in un interplay continuo fra palco e platea che ha visto il nome dei polacchi scandito dal pubblico ad ogni singola pausa fra un pezzo e l'altro; acclamazioni accolte con evidente soddisfazione dalla band, che ha ripagato l'accoglienza spingendo sempre più a fondo sul pedale dell'intensità, chiudendo poi la serata con due richiestissimi bis, la trascinate “Triumph Of Death” e il recente classico “Shock & Awe”, abbandonando poi il palco dopo lunghi inchini costantemente accompagnati dall'approvazione dei convenuti, convinti di aver vissuto uno dei migliori concerti della propria vita; opinione condivisa dal vostro umile scribacchino, che ha abbandonato la venue esausto ma al contempo pervaso dal desiderio che il concerto ricominciasse da capo.

Serata francamente memorabile.

 

- Edoardo Goi - Tean WFR -

 

 

 

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Live Report - Park Metal Fest, 23 Settembre 2023 - Gradisca d'Isonzo (CO)

27/09/2023

Non nasceva sotto i migliori auspici questo Park Metal Fest di Gradisca D'Isonzo, piccola ma musicalmente fervente cittadina in provincia di Gorizia. La giornata di sabato 23 settembre ha infatti visto il cielo farsi plumbeo fin dalla tarda mattinata dopo giorni in cui il Friuli era già stato caratterizzato da abbondanti precipitazioni, facendo presagire non poche difficoltà per lo svolgimento della manifestazione nella sua location open air originaria. Partito alla volta di Gradisca sotto il nubifragio, il vostro umile scribacchino ha però potuto constatare con gioia che l'evento, che vedeva coinvolte tre realtà storiche della scena metal friulana come Sacro Ordine dei Cavalieri di Parsifal, RevoltonsKryptonomicon, era stata prudentemente stata trasferita in una location al chiuso (l'adiacente venue Al Parco), assicurando così a band e astanti il regolare svolgimento della kermesse, pur se in un ambiente più ristretto (scelta che ha di fatto salvato la serata, visto che nel corso della stessa la pioggia ha fatto capolino frequentemente e copiosamente).

Ad aprire le danze alle 21:00 in punto sono stati gli old school death/thrashers monfalconesi Kryptonomicon, vecchie conoscenze di queste colonne vista la loro partecipazione al We Fucking Rock Fest nel 2022. L'agguerrita compagine si è presentata sul palco di questo Park Metal Fest nella nuova formazione a tre successiva all'abbandono dello storico cantante Luca Sterle, col chitarrista e fondatore Stefano Rumich e il bassista Frank Ponga ad alternarsi al microfono supportati dal tellurico batterista Randy Lego, ed ha subito infiammato l'uggiosa serata.

La loro miscela di proto-death metal fortemente ispirata al lavoro di Hellhammer e Celtic Frost e ruvido thrash metal old school marca primi Sodom/Kreator non ha infatti nessuna intenzione di fare prigionieri, e fin dalla feroce opener “BLIND RESURRECTED” ha provveduto ad annichilire con pervicace ferocia il folto pubblico presente. Nonostante si tratti, cronologicamente, della band meno datata fra quelle in cartellone, essendo la fondazione risalente al 2019, i Kryptonomicon sono composti da autentici veterani della scena locale e nazionale (basti pensare alle esperienze del mastermind Stefano con Karnak e Obscenity, progetti condivisi anche col bassista Frank, nonché negli stessi Sacro Ordine e Revoltons); un bagaglio di esperienza che, unitamente ai numerosi concerti tenuti fin dall'uscita del debutto sulla lunga distanza, “NEKROMANTICOS” del 2021, ha reso la band monfalconese un'autentica macchina da guerra, on stage.

Il suono diffuso dalle casse è stato ruvido, pesante e spietato al punto giusto, con la chitarra di Stefano a macinare riff e schizzatissimi assoli senza soluzione di continuità, il basso di Frank che grondava partiture schiacciasassi e la batteria di Randy a demolire qualunque cosa gli si parasse davanti, il tutto supportato da uno scambio di voci quantomai efficace.

Tanto il succitato debutto quanto l'ultimo nato “INFERNALIA”, datato 2022, sono stati saccheggiati dai Kryptonomicon nell'oretta a loro disposizione, con brani come “INRI”, “THOUSAND CATS” e “LA DAME DU CHRIST” ad aprire letteralmente degli squarci nei padiglioni auricolari della folla acclamante, mentre in brani come “KISS IN GETHSEMANE”, “BARON BLOOD” e “THE PATH OF LUST” è toccato ai laceranti rallentamenti che si fanno largo nel songwiting dei nostri girare il coltello nella piaga, affondando poi il colpo in modo letale con schegge di pura, consapevole perfidia come “LA IRA DE DIOS” e la conclusiva “NOCTURNAL KILL”, brano che ha visto la band ospitare sul palco il precedente cantante Luca per una conclusione del set a dir poco trionfale.

Dopo un rapido cambio palco, è stata poi la volta dei power-prog metallers pordenonesi, e più precisamente di Vajont, Revoltons di prendersi la scena con le loro trame complesse ma al contempo accattivanti.

La band del mastermind Alex Corona festeggia quest'anno i 32 anni di attività, essendo stata fondata nell'ormai lontano 1991, nonché la recente pubblicazione del suo sesto full lenght, l'acclamato “CELESTIAN VIOLENCE”, pubblicato nel maggio del 2023.

L'onore di aprire le danze del set dei Nostri è però spettato, dopo una breve intro, all'opener del precedente platter, “Underwater Bells Pt.2”, la cupa e potente “DANGER SILENCE CONTROL”. I suoni, così come accaduto in precedenza con i Kryptonomicon, sono stati fin da subito buoni ed hanno permesso agli astanti di godere fin dalle primissime battute delle splendide evoluzioni della coppia d'asce Alex Corona-Carlo Venuti (anche membro dei Sacro Ordine) e della solidissima e fantasiosa sezione ritmica composta da Elvis Ortolan (ex batterista di un'altra gloria del metal nostrano come gli Elvenking) e dal bassista Simone “Zimon” Sut; maestro di cerimonie, con la sua voce potente e dalla notevole estensione, il nuovo entrato Antonio Boscari.

Non si è dovuto comunque attendere molto per avere un assaggio live del nuovo album, con l'opener del disco “ESCAPE OR DROWN” riversata con precisione e intensità sugli astanti desiderosi di tastare con mano anche in tale sede il nuovo corso della band, leggermente meno vicino al power-prog classico grazie a un approccio più pesante e, per certi versi, moderno; una prova del fuoco che la band ha superato in scioltezza, saccheggiando poi l'ultimo nato nel corso della serata con la proposizione di ben altri quattro brani, cioè “LOW RANKING BUSINESSMAN”, “REALITY IS A CRIME”, “THE DARKFALL” e “NANY JOHN SKENNON”, toccante power ballad dedicata da Alex allo zio scomparso.

Non sono mancati, all'interno della scaletta proposta dai Revoltons, alcuni tuffi nel glorioso passato della band, dal quale sono state ripescate e riproposte con la consueta perizia le gemme “PURE SOUL CRY” e “THE STARS OF THE NIGHT BEFORE” nonché una potentissima versione di “DEATH TO LEAVE ETERNITY”, che ha visto accomodarsi alla batteria Stefano dei Kryptonomicon, che aveva suonato sulla versione originale del pezzo ai tempi della sua pubblicazione.

Il set dei Revoltons si è poi chiuso trionfalmente sulle note della classicissima “HANDS OF MAGELLANO”, tratta dal debutto “Night Visions” del 2003, salutata dal pubblico presente con meritatissime ovazioni.

A chiudere nel migliore dei modi la serata ci hanno poi pensato gli epic-power metallers Sacro Ordine Dei Cavalieri Di Parsifal, i quali giocavano in casa, essendo della zona.

Questi inveterati defenders definiscono la loro musica come “Heavy Metal Thunderpicking”, e mai definizione fu più azzeccata: la commistione sonora proposta dai nostri, che vede miscelarsi in egual misura la ruvida epicità di acts quali Slough Feg, Manilla Road e Citith Ungol, il migliore lascito della NWOBHM costituito da Iron Maiden, Judas Priest e Saxon nonché reminiscenze di Running Wild e Warlord, è risultata capace, anche in sede live, di appagare senza remore i palati di tutti i fan del metal più puro e genuino.

Anch'essi graziati da suoni corposi e da volumi al limite della legalità, i Sacro Ordine (permettetemi questa abbreviazione), composti da Claudio “The Reaper” Livera al basso e alla voce, da Davide Olivieri alla chitarra e alla voce, da Carlo Venuti alla chitarra e da Luca Komavli alla batteria, hanno subito dato fuoco alle polveri con due brani tratti dal loro ultimo album “UNTIL THE END”, uscito nell'aprile di quest'anno, gettando in pasto al pubblico due infuocate versioni di “BLACK LION” e “INSIDE ME”, pezzi che hanno subito messo in mostra il grande affiatamento raggiunto dall'attuale formazione, con la coppia d'asce sugli scudi grazie a un efficace quanto incisivo lavoro tanto per quanto riguarda le melodie quanto per quanto riguarda il ricco riffing, ottimamente supportata da una base ritmica quadrata ma anche capace di arrangiamenti fantasiosi.

Passando velocemente sulle cover proposte dalla band nel corso della serata (“WRATHCHILD” dei Maiden e “HEADING OUT TO THE HIGHWAY” e “BREAKING THE LAW” dei Priest), tutte rese in modo intenso e, a tratti, anche personale, vale assolutamente la pena soffermarsi sui pezzi originali proposti dai Nostri, che hanno letteralmente saccheggiato il loro ultimo album con versioni al fulmicotone del singolo “STARBLAZER”, per poi proseguire con “STONE RIVER”, “EAGLE OF THE NIGHT” e “UNTIL THE END”.

Non sono mancate nemmeno alcune incursioni nel passato della band grazie alla trascinate “FOUR KINGS” tratta dall'album di debutto dei Sacro OrdineHEAVY METAL THUNDERPICKING” del 2018, e all'epicità screziata di hard blues di “PREY OF PRIDE”, tratta dal primo demo della band, il quasi omonimo “SACRO ORDINE”, datato 2005.

Si è così conclusa fra il tripudio questa edizione del Park Metal Fest 2023, con i numerosi convenuti che hanno potuto apprezzare al meglio tre band dai diversi stili musicali, ma tutte accomunate da una notevole capacità di scrittura, una notevolissima resa live e un'incontrovertibile fede nella propria proposta, alle quali non possiamo far altro che augurare una carriera ancora lunga e costellata di soddisfazioni.

Questi ragazzi se lo meritano.

Tenete d'occhio le loro date e, se dovessero capitare dalle vostre parti, andate a vederli e a supportarli senza remora alcuna.


Edoardo Goi - Team WFR -

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Elvenking, San Vito al Tagliamento 10/9/2023 - Live Report -

11/09/2023

Lo ammetto: avevo molti dubbi riguardo a questa data “fra le mura amiche” dei power-folk metallers friulani Elvenking, un po' per l'atipicità della location, piuttosto avulsa dai consueti circuiti dei concerti metal anche per una regione non certo ricca di strutture ricettive per questo tipo di eventi live, sia per la data prescelta. I concerti della domenica, infatti, sono spesso passibili di riservare brutte sorprese alle band per quanto riguarda l'affluenza del pubblico, soprattutto in questi tempi di “You Tube Generation”. È con questi pensieri in testa che mi sono messo in macchina nella serata di domenica 10 settembre per attraversare la pianura friulana, con le sue lunghe strade che attraversano infinite vigne e campi di mais, per recarmi nella ridente cittadina della destra Tagliamento destinata a ospitare stasera i rituali pagani della band di Damna e Aydan, unici superstiti della formazione che nel lontano 2001 diede alle stampe il debutto degli Elvenking, il leggendario “Heatenreel”.

Lo scarsissimo traffico incontrato durante il tragitto sembrava confermare i miei timori di trovarmi di fronte alla più classica delle domeniche pre-lunedì lavorativo, e la concomitante festa cittadina che animava il centro di San Vito, con tanto di baracconi e luna park, passibile di sottrarre al concerto una buona fetta di ascoltatori occasionali, sembravano concretizzare i dubbi di cui sopra, sicché, quando ho raggiunto con buono ma non eccessivo anticipo la piazzetta Stadtlohn, location deputata ad accogliere il concerto e i suoi astanti, vederla popolata solamente da alcuni sparuti gruppetti di metallari intenti agli abituali riti pre-concerto non mi ha colto esattamente di sorpresa.

Gli Elvenking, però, hanno la magia dalla loro parte, a quanto pare; tant'è che, nella mezz'ora precedente all'inizio del concerto, l'afflusso del pubblico, fino ad allora avvenuto alla spicciolata, si è fatto via via sempre più copioso e, quando alle 21:30 le luci si sono spente, la bella e capiente piazzetta, conformata quasi come una corte e la cui presenza di alberi e flora di vario tipo ben si sposavano con le suggestioni alla base del concept della band, risultava gremita in ogni ordine di posti.

Una risposta di pubblico che ha lasciato piacevolmente stupito non solo chi scrive, ma anche la band stessa, che non ha mancato di ringraziare più volte la platea per la calorosa accoglienza nel corso della serata.

Ero molto curioso di tastare il polso allo stato di forma degli Elvenking, freschi reduci da un'acclamata esibizione al prestigioso festival statunitense ProgPower U.S.A. e giunti con questo concerto a una delle ultime date schedulate per il tour estivo di supporto al loro ultimo album, “Reader Of The Runes-Rapture”, e sono stati proprio due brani tratti dall'ultima fatica in studio a dare fuoco alle polveri in questa serata di metal pagano e ricercato.

Rapture” e “The Hanging Tree” sono state date in pasto al pubblico con una carica evidente. La band ha dimostrato di essere in palla, con gli strascichi del jet-lag che sono stati spazzati subito via dall'entusiasmo di un ensemble che gira con la precisione di un orologio svizzero.

Il suono è parso fin da subito molto equilibrato, arrivando nel corso della serata a un bilanciamento quasi perfetto, sebbene la centralità della location abbia probabilmente impedito ai fonici di spingere oltre una certa soglia il livello dei decibel, rivelatosi comunque adeguato nel dare al concerto la giusta dose di volume.

Il supporto incessante del folto pubblico convenuto ha avuto un effetto galvanizzante sui musicisti che, dopo i due succitati episodi, che non hanno fatto altro che confermare anche in sede live la bontà dei brani dell'ultimo lavoro, senza dubbio uno dei più pesanti e cupi dell'intera discografia degli Elvenking, si sono poi lanciati in una travolgente versione di “Draugen's Maelstrom” che ha visto sugli scudi il batterista Symhon, autore di una prova maiuscola tanto per tiro quanto per gusto negli arrangiamenti, nonché la coppia d'asce Aydan-HeadMatt, apparsa più affilata e affiatata che mai.

Il maestro cerimoniere Damna, presentatosi sul palco in buona forma vocale, ha poi chiamato a raccolta i suoi adepti pagani nella travolgente “Pagan Revolution”, marchiata a fuoco dal violino di Lethien, per poi lanciarsi nelle ammalianti quanto potenti narrazioni di “Silverseal” e “3 Ways To Magic” le quali, insieme alla successiva “Sic Semper Tyrannis”, hanno messo in mostra tutta la versatilità tanto compositiva quanto esecutiva degli Elvenking, sorretti da una sezione ritmica, composta dal già citato Symhon alla batteria e da Jakob al basso, tanto solida quanto fantasiosa.

La band ha dimostrato di credere molto nell'ultimo nato, dando in pasto all'acclamante pubblico altri tre estratti come le potentissime “The Repentant” e “Herdchant” e la più ariosa “Bride Of Night”, graziata da un chorus a dir poco avvincente, per quanto ammantato di malinconia, intervallate da brani diventati ormai dei classici del loro repertorio come “Moonbeam Stone Circle” e “The One We Shall Follow” e da un'autentica pietra miliare del songbook degli Elvenking come “The Wanderer”, tratta dal terzo album dei Nostri, l'acclamatissimo “The Winter Wake”.

Quando il singer Damna ha poi lanciato un altro pezzo da novanta della discografia dei pagan-metallers friulani come “The Divided Heart” tutto il pubblico ha capito che il concerto si stava avviando verso il gran finale, culminato con l'immancabile quanto esaltante celebrazione di “Elvenlegions”, accolta con un ennesimo boato dal pubblico ormai in visibilio, che non ha esitato un attimo nel richiamare sul palco i musicisti per i bis, concretizzatisi in due stupendi ripescaggi dal passato della band.

Il primo bis è stata infatti “The Dweller Of Rhymes”, composizione tratta dal primissimo album degli Elvenking, il già citato “Heatenreel”, che ha fatto fare un balzo nel passato al limite della commozione a tutti i presenti più “attempati”, fra cui il vostro umile scribacchino, mentre il pezzo che ha chiuso definitivamente e letteralmente le danze di uno show riuscitissimo, in cui la band ha superato con grande esperienza e nonchalance i rarissimi momenti di comprensibile stanchezza, è stato un altro classicissimo come “The Winter Wake”.

Tirando le fila di una serata andata ben oltre le aspettative dell'immediata vigilia, possiamo tranquillamente dire di aver assistito a una prova maiuscola di una band che è senza dubbio e da tanto tempo uno dei fiori all'occhiello della scena italiana, apparsa quantomai vitale tanto dal punto di vista della composizione quanto da quello dell'esecuzione live, e tutt'ora impegnata con gran profitto nell'arricchimento della propria tavolozza stilistica fatta di power, prog e folk metal, con qualche misurata incursione nel symphonic e nel metal estremo, come palesato in modo più che chiaro nell'ultimo album, convincente tanto nella sua versione da studio di registrazione quanto sulle assi di un palco.

Elvenlegions on the rise”, canta uno dei brani più famosi degli Elvenking; questa sera è stato senza dubbio così.

 

- EDOARDO GOI (Team WFR) -

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Live Report - Metal For Emergency - Filago (BG)

05/08/2023

Il Metal For Emergency è ormai da 9 anni il più noto festival metal benefico a livello nazionale e in questa decima edizione le aspettative erano davvero tante.

Per noi di WFR è iniziato ufficialmente con la partenza in mattinata (chi da Torino, chi da Milano) per raggiungere la zona industriale di Filago (Bg), sede storica della rassegna Filagosto in cui si inserisce il festival, e qui allestire lo stand di We Fuckin’ Rock, messo in nobilissima posizione, subito dietro la regia e di fianco al merch ufficiale. Oh yeah!

Sin dal momento del nostro arrivo è stato chiaro che quest'anno ci sarebbero state diverse novità, a partire da una logistica per il food&beverage decisamente migliorata rispetto agli anni scorsi, un palcoscenico decisamente maestoso e un bill come sempre di prim'ordine, guidato dai leggendari Dark Tranquillity più 4 band italiane di grande valore, ovvero i Break Me Down, i Genus Ordinis Dei, i Deathless Legacy e i veterani Sadist ("veterani" almeno in ordine di carriera, dato che gli ultimi cambi di formazione hanno decisamente e positivamente abbassato l'anagrafe).


Ma andiamo con ordine.


Da un primo giro perlustrativo abbiamo potuto apprezzare prima di tutto l'ampiezza notevole dell’area concerti e la varietà dell'offerta legata al mercatino e ai punti ristoro, con tantissimi tavoloni stile festa della birra sempre all'ombra e davvero l'imbarazzo della scelta quanto a gastronomia.

Ore 16, finalmente aprono i cancelli e cominciamo ad accogliere i primi metalheads! Prima dello start ufficiale ai live un po' di riscaldamento con il Dj set del sempre bravissimo (e ottimo cantante) Mario Psycho che aizza i primi presenti nell'arena, mentre l’apertura delle danze di questa giornata è compito dei Break Me Down. La band milanese, attiva dal 2017 e quindi la più giovane di tutto il bill, offre un ottimo coinvolgimento con il loro alternative metal con venature modern metalcore e la voce di Veronica sempre decisamente sul pezzo. Bravi! Brani cadenzati, puliti e breakdown più violenti si alternano senza sosta sorretti dalla voce clean della loro frontwoman, tutto scorre molto piacevolmente e ce li ascoltiamo con vero piacere.

Successivamente è il turno sul palco per i cremaschi Genus Ordinis Dei, band che dal 2011 vede sempre di più espandere la propria luce in territorio nazionale e all'estero. Genere modernissimo il loro, un particolare simphonic metal con malcelate influenze death, groove, metalcore che crea un'atmosfera onirica e stimola un incessante headbanging. Ottima, inoltre, la performance vocale di Nick, che grazie al suo growl e a una presenza scenica notevole (di livello ormai internazionale) dà quel tocco di maestosità in più allo show, in generale assolutamente devastante e impreziosito dai 16 minuti dell'inno "Fire", che stiamo ancora cantando dopo una settimana...

 

Dopo il secondo cambio palco ecco i Deathless Legacy, ormai prossimi al traguardo dei 20 anni di carriera (e non si può dire che questo non si noti dalla loro grandissima professionalità sul palco). Il loro spettacolo, curato fin nei minimi dettagli e suonato in modo magistrale, è stato decisamente coinvolgente e, oltre a questo, c’è da apprezzare la grande teatralità, i bellissimi costumi di scena e una Steva alla voce in modalità "beast". Chapeau!

Quando i Deathless Legacy terminano la loro scaletta, si sta facendo sera ed è qui che arrivano i Sadist. Ecco, qui siamo davanti alla storia del prog death metal italiano, fin dal 1991, anno della fondazione di questa band che rappresenta l'apice di un genere un tempo molto in auge anche qui in Italia.

 

Che dire, scaletta pazzesca con salti qua e là nella loro discografia e autentiche chicche direttamente dagli anni 90 che ci riportano ad un periodo della storia dei Sadist ricco di fasti, il tutto unito ad una presenza scenica da parte di tutta la band decisamente da professionisti. Peccato solo per l'assenza forzata di Tommy Talamanca (che, stando alle parole di Trevor direttamente dal palco, non ha potuto raggiungere i suoi compagni per qualche inconveniente di natura logistica): sarebbe stato bello rivedere live un autentico mostro della chitarra e delle tastiere come lui ma si può affermare che è stato egregiamente sostituito dal giovane e bravissimo Riccardo Babbolin.

Manco il tempo di rendersene conto e sono già le 22.30, armate svedesi irrompono sul palco, davanti ad una platea letteralmente in estasi.

I Dark Tranquillity, una della bands pioniere del filone svedese “melodic death metal” caratterizzato da incredibili armonie presenti in brani anche molto brutali, hanno offerto un’ora e mezza senza sosta in cui Mikael Stanne e soci hanno fatto scapocciare un pubblico corso veramente da tutta Italia per vederli! Una scaletta mirata sulle produzioni più recenti, senza tralasciare i classiconi del loro repertorio, ma che purtroppo ha lasciato da parte un album capolavoro, amato da tanti, come “The Gallery”.

Per il resto... non sbagliano niente. Il sestetto svedese si porta a casa una performance decisamente sopra le righe e il pubblico apprezza facendo loro sentire tutto il calore italico possibile.

Band top, voto 10 e lode, poi arriva la mezzanotte e, come per Cenerentola, la magia finisce e i Dark Tranquillity ripongono i loro strumenti abbandonando il palco. Ma come da copione arriva il momento per loro di dedicarsi al pubblico post concerto per un Meet & Greet improvvisato, senza risparmiare sorrisi, foto e due chiacchiere a chiunque volesse incontrarli.

Dulcis in fundo: pochi minuti da quando finiscono i live e la festa con Dj Mario Psycho riprende sotto al tendone principale.

In conclusione...festival davvero ben fatto, band tutte di ottimo livello e lodevole che il tutto sia sostanzialmente a ingresso gratuito, con un biglietto simbolico ad 1 euro (peraltro devoluto in beneficenza) segno che la manifestazione da un lato sa essere un ottimo catalizzatore di sponsor, cosa non da poco, dall'altro che è indubbiamente gestita bene dal punto di vista delle entrate "collaterali" come beverage e food.  

Un plauso allo staff del festival che ha saputo rendere la giornata indimenticabile per i fans, ripagato da una affluenza di pubblico davvero impressionante, senza che questo comportasse alcun problema di gestione.

 

Il Metal For Emergency… più che un festival ormai, UN’ISTITUZIONE!

 

E preparatevi perché i preparativi per l’anno prossimo sono già in atto e come sempre, siamo sicuri che sarà un’edizione memorabile!


-Team WFR-

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